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Manovra del Governo: bene l’aumento delle minime, da rivedere la penalizzazione delle pensioni medie

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In attesa di conoscere il testo definitivo del Disegno di legge di Bilancio, e quindi di fare una valutazione complessiva della Manovra, il CUPLA ritiene che l’attenzione del Governo sui minimi di pensione, che secondo la bozza del provvedimento che è stata diffusa verranno rivalutati in una percentuale più alta dell’inflazione calcolata dall’ISTAT, sia un fatto positivo che dimostra la sensibilità dell’Esecutivo ai problemi degli anziani con reddito più basso.

Tuttavia, pur consapevoli del difficile quadro economico attuale, tale aumento suppletivo in realtà è di qualche euro, se si esclude quello consueto della rivalutazione automatica annuale, e quindi è del tutto insufficiente a dare un sollievo a molti anziani che si trovano a fare i conti con il caro bollette, con l’inflazione che galoppa a velocità superiore all’11%, con i loro trattamenti già colpiti da una svalutazione strisciante che non viene compensata dagli aumenti annuali.

Venendo poi alla modifica del sistema di rivalutazione automatica delle pensioni che il Governo intende introdurre per gli anni 2023 e 2024, il CUPLA ritiene poi del tutto fuori luogo ed inappropriato accanirsi contro pensioni di importo medio che hanno subito già nel passato rilevanti penalizzazioni. Con l’aggravante che, mentre nel passato, quando alcuni Governi hanno deciso il blocco parziale o totale della rivalutazione, l’inflazione era relativamente bassa, adesso la perdita per le pensioni è assai rilevante e rischia di appiattire i trattamenti, vanificando le contribuzioni in più versate e venendo meno ad un patto con i contribuenti che non prevede solo la liquidazione delle pensioni, ma anche il mantenimento del loro valore reale nel tempo.

Il blocco parziale della rivalutazione per pensioni predisposto dal Governo non colpisce solo le pensioni più alte, quelle considerate “d’oro”, ma anche quelle di importo modesto, col combinarsi del passaggio al calcolo progressivo, e non per scaglioni, e della diminuzione della percentuale di rivalutazione. Ad esempio, una pensione lorda di 2.500 euro, che equivale ad un netto di circa 1.800 euro, viene a perdere 33 euro mensili nel 2023, vale a dire, per effetto del sovrapporsi delle mancate rivalutazioni per due anni, circa 1.000 euro. Una pensione di 3.500 euro mensili lordi (2.400 netti) perderebbe 98 euro mensili, cioè circa 2.600 euro nei due anni, che poi si trascinerebbero anche per gli anni futuri.

Il CUPLA auspica che il Governo modifichi questa norma iniqua, perché i trattamenti dei pensionati sono stati nel passato oggetto di facile recupero di risorse, spesso utilizzate per gli scopi più vari, e non per scopi sociali. L’intervento che il Governo ha delineato si presenta ancor più pesante e rischia di creare molto malcontento tra gli anziani.

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